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Le principali tematiche di
ricerca interessano:
Analisi e classificazione tipologica dei boschi della
Calabria
Lo studio delle formazioni forestali attraverso l'analisi e
la discriminazione tipologica rappresenta un momento
innovativo per la conoscenza e la gestione dei boschi.
Consente di costituire unità di riferimento, di apprezzarne
la variabilità strutturale ed ecologica e di stabilire una
base comune di descrizione e di confronto delle varie
formazioni. Questo approccio metodologico giunge in Italia
dopo molti decenni rispetto ad altri paesi europei
Lo studio delle tipologie forestali dei boschi della
Calabria ha riguardato i boschi del Parco Nazionale
dell’Aspromonte e formazioni specifiche quali i boschi di
farnetto e di sughera, attualmente le ricerche si stanno
ampliando alle altre formazioni forestali.
Sul piano applicativo la definizione dei vari tipi potrà
costituire la base per la realizzazione dell'Inventario
Forestale e della Cartografia Forestale della Regione
Calabria. Da questa indagine sarà inoltre possibile
individuare criteri e definire indirizzi di gestione
sostenibile delle risorse forestali, soprattutto nelle aree
protette e facilitare l'attuazione di politiche forestali
volte ad ottimizzare l'uso degli investimenti nel campo
forestale.
Monitoraggio nelle Riserve Naturali Integrali (RNI)
Le RNI rappresentano un importante strumento per la
conservazione della natura, la ricerca e l'educazione e un
luogo di alto valore estetico e culturale. Sul piano
gestionale, nelle RNI, l'ambiente naturale viene conservato
nella sua integrità, ossia tutti gli ecosistemi forestali
sono lasciati alla libera evoluzione escludendo qualsiasi
intervento antropico. Nello stesso tempo, rappresentano un
momento attivo di gestione inteso come un laboratorio
all'aperto per studi e ricerche, su lunghi periodi, delle
dinamiche naturali, dove acquisire nuove conoscenze per la
gestione delle risorse ambientali. Inoltre, le ricerche a
lungo termine sugli ecosistemi forestali acquistano sempre
maggiore importanza per la comprensione delle modalità di
reazione degli ecosistemi ai cambiamenti ambientali e per
soddisfare le richieste informative derivanti dalle
convenzioni internazionali in materia di ambiente
Negli ultimi due anni l’attività di ricerca ha riguardato il
monitoraggio in aree permanenti nella Riserva Naturale
Integrale del Parco dell’Etna e in particolare: le
variazioni strutturali e floristico-vegetazionali, della
necromassa e della rinnovazione naturale.
Rinaturalizzazione dei rimboschimenti di conifere
In Calabria sono stati effettuati a più riprese nel corso
degli anni molti rimboschimenti a prevalenza di conifere
nell'ambito di un quadro organico di interventi per la
conservazione del suolo.
Attualmente molti di questi soprassuoli, soprattutto quelli
più adulti, si presentano in precario stato di equilibrio
fisico e biologico, dovuto all'azione sinergica di un
trattamento inadeguato o spesso inesistente e di avversità
biotiche e ambientali. Questi soprassuoli richiedono urgenti
interventi colturali per garantire una maggiore stabilità,
assicurare una copertura del suolo e avviare (nei casi
opportuni) processi dinamici che consentano, per via
naturale, la progressiva sostituzione della specie
preparatoria con quelle definitive (molto spesso
latifoglie). In altre parole, quest'insieme di interventi
prende il nome di rinaturalizzazione.
Per quanto riguarda la scelta delle tecniche colturali
idonee ad assicurare la rinaturalizzazione dei
rimboschimenti, occorre precisare che i nuovi indirizzi
selvicolturali che si stanno affermando sia nel Nord America
che in Europa, prevedono l'applicazione di interventi
colturali graduali di basso impatto ambientale.
Le ricerche sulla rinaturalizzazione delle monocolture di
conifere con processi colturali di basso impatto ambientale,
furono iniziate nel 1982 nelle Foreste Casentinesi, e si
sono estese anche in Abruzzo nel 1999 su rimboschimenti di
pino nero e in Calabria nel 2000 su rimboschimenti di abete
bianco e di pino laricio. In particolare sono stati eseguiti
tagli a buche, dove, con un protocollo sperimentale
standardizzato, vengono seguite le variazioni della
rinnovazione naturale, della vegetazione, e vengono
costantemente monitorate le variazioni di PAR, della umidità
e temperatura del suolo.
Gestione dei sistemi forestali di origine naturale e
artificiale
Questa tematica riguarda la gestione dei boschi e, più in
generale, dell’ambiente di cui, soprattutto nel settore
montano, costituiscono l’elemento peculiare. Si tratta di
problematiche che in questi ultimi anni hanno subito
profondi cambiamenti connessi con motivazioni di ordine
sociale e culturale sensu lato, legati al passaggio da una
società industriale ad una post – industriale, del terziario
avanzato, che manifesta sensibilità ed esigenze
profondamente differenti nei confronti del bosco e
dell’ambiente in generale.
Molte di queste rendono praticamente inapplicabili le
tradizionali forme di gestione del bosco o, quantomeno,
impongono profonde rivisitazioni e adattamenti. Ciò diviene
particolarmente importante nell’ambiente mediterraneo dove i
sistemi forestali si trovano in un ambiente climaticamente
difficile e, anche in un recente passato, sono stati
profondamente alterati nella composizione e nella struttura,
a volte anche con gravi effetti sulla loro stessa capacità
di perpetuazione.
In questo nuovo scenario è iniziata una rivisitazione della
gestione dei boschi secondo quelle che per secoli sono state
le tradizioni, le tecniche e gli usi delle popolazioni
locali, consolidatisi nel tempo in quelli che comunemente
sono definiti come saperi locali. Si tratta di modalità che,
ad un esame scevro di luoghi comuni, appaiono più rispettose
dell’ambiente, a basso impatto ambientale, a carattere
estensivo, che vedono l’uomo trarre dal bosco ciò di cui ha
bisogno, rispettando spesso inconsapevolmente, sempre e
comunque, le caratteristiche intrinseche del sistema, senza
alterarlo in modo significativo compromettendone gli
equilibri interni.
In questo contesto è iniziato l’esame dell’applicazione del
taglio a scelta nella gestione delle pinete di laricio,
nelle faggete e nei boschi misti faggio-abete. L’esame di
alcuni casi ha così messo in evidenza come la selvicoltura
applicata nei boschi di proprietà privata sia molto lontana
dagli schemi classici ma permetta interventi frequenti, di
limitata intensità, di basso impatto ambientale in grado di
assicurare una pronta e abbondante rinnovazione naturale e,
in molti casi, di conservare nel tempo il paesaggio
assicurando una continua presenza dell’uomo a difesa del
bosco e quindi, indirettamente, favorendo anche una migliore
qualità della vita delle popolazioni che interagiscono con i
sistemi forestali. In sintesi questa forma di trattamento ha
dimostrato di corrispondere a tutti i livelli a quella che
oggi viene definita come gestione forestale sostenibile.
Gli stessi principi hanno dimostrato di essere perfettamente
applicabili anche ai rimboschimenti che nella realtà
forestale della Calabria rappresentano una peculiarità di
grande interesse storico, selvicolturale, vegetazionale,
culturale, paesaggistico e turistico – ricreativo oltre che
per la difesa e conservazione del suolo. L’analisi condotta
in popolamenti di pino laricio, marittimo, douglasia di 30 –
40 anni di età, ha posto in evidenza come i tempi di
ricostituzione della copertura forestale siano molto più
rapidi e, soprattutto, efficaci, di quello che comunemente
si ritiene, con effetti positivi sulla produzione legnosa,
sulla difesa e conservazione del suolo attenuando i pericoli
di desertificazione, e oggi anche sulla possibilità di
contrastare l’effetto serra. Le esperienze maturale in
questi ultimi anni a seguito del monitoraggio di alcune di
queste realtà, indicano come sia anche necessario
intensificare l’algoritmo colturale in modo da assecondare
ed esaltare la dinamica evolutiva insita in questi sistemi
che all’inizio risentono in modo determinante dell’azione
dell’uomo, ma che in tempi brevi possono aumentare in modo
significativo la loro complessità strutturale e
biodiversità. Interventi di lieve intensità, ripetuti a
brevi intervalli consentono infatti di innescare processi di
rinaturalizzazione, presupposto per il passaggio da un
semplice insieme di alberi ad un bosco vero e proprio.
Arboricoltura da legno
Questa tematica affronta i problemi della produzione di
legno fuori foresta, un settore divenuto di grande attualità
in questi ultimi anni a seguito del costante aumento di
richiesta di materia prima legno da destinare ad usi diversi
da quelli tradizionali (ad esempio produzione di biomasse
per usi energetici) e ad una sempre maggiore disponibilità
di terreni per questo tipo di coltivazione come conseguenza
della riorganizzazione del settore agricolo, in aggiunta a
quelli tradizionalmente utilizzati in quanto marginali
all’agricoltura.
Questi interventi possono rispondere a molteplici esigenze
che emergono dalla società: soddisfare, almeno in parte, le
crescenti richieste del mercato; contribuire ad alleviare il
problema della disoccupazione, particolarmente grave nelle
regioni meridionali; contrastare il fenomeno della
desertificazione che tende ad accentuarsi anche a seguito
dell’abbandono delle colture agrarie che favorisce a sua
volta l’insorgere di incendi; contribuire a combattere
l’effetto serra, un problema di grande importanza dopo
l’approvazione della direttiva della U.E. che impone alle
industrie di controllare le emissioni di CO2, per cui a
livello nazionale diventerà estremamente importante anche la
costituzione di serbatoi di carbonio agro – forestali.
In questo contesto l’analisi di interventi di arboricoltura
da legno realizzati nell’Italia meridionale su terreni
marginali all’agricoltura mediante l’impiego di specie sia
indigene (soprattutto pini mediterranei) sia esotiche
(particolarmente eucalitti, pioppi euro – americani, pino
insigne, douglasia, ecc.) e di idonei moduli colturali,
consentono di definire le possibilità ed i limiti per questo
tipo di interventi che vanno al di là della pura e semplice
produzione di legno. Il monitoraggio eseguito in alcuni di
questi impianti per oltre venti anni ha consentito anche di
definire il modulo colturale ottimale per una loro corretta
gestione.
Sono state inoltre sviluppate ricerche sugli impianti con
latifoglie a legname pregiato che sono stati realizzati
negli ultimi anni in relazione a finanziamenti della UE. In
particolare la ricerca si pone i seguenti obiettivi:
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valutare la potenzialità
produttiva in termini quantitativi (accrescimento) e
qualitativi (forma dei fusti, ramificazione, ritmo di
accrescimento diametrale, ecc) di alcuni impianti
campione di latifoglie a legname pregiato;
-
studiare l'efficienza
ecologica e funzionale di impianti di noce, ciliegio,
acero montano, ontano napoletano in ambienti con
differenti condizioni ambientali;
-
ampliare il grado di
conoscenza sull'autoecologia di queste specie per
valutare l'area ottimale d'impiego per l'arboricoltura
da legno;
-
valutare le condizioni di
applicabilità di alcune tecniche colturali e delle nuove
tecnologie (concimazioni, diserbo chimico, pirodiserbo,
protezioni individuali, irrigazione, idroretentori,
potature, diradamenti);
-
Le esperienze condotte
hanno permesso di dare un sensibile contributo
conoscitivo per la gestione dei questi tipi di impianti
per le realtà meridionali.
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